martedì 22 febbraio 2011

Il sogno del Bradipo bis

E insomma, il mio inconscio proprio si rifiuta di fare il bravo. Pochi secondi prima di iniziare a scrivere questo post, mentre leggevo, mi è venuto in mente un sogno fatto forse un paio di settimane fa; non è certo lungo e contorto come il suo predecessore su questo blog, ma forse merita di essere raccontato. E di essere, successivamente, debitamente glossato.

Mi trovavo a New York, in un'epoca che non mi riusciva facile evincere, ma sicuramente non era contemporanea. Ero in una specie di reggia, che però io sapevo essere un bordello. Recavo un messaggio per la maitresse, da parte di chi non ricordo. Il senso del messaggio era questo: la casa di tolleranza doveva dotarsi di nuove prostitute, perchè era in arrivo dal Vecchio Mondo un gran numero di emigranti irlandesi, che avrebbero certamente necessitato di quel genere di servizi. Questo elemento porterebbe a collocare gli eventi verso la metà dell'Ottocento, subito dopo la Great potato famine, quando milioni di irlandesi effettivamente lasciarono l'isola di smeraldo, molti di essi diretti proprio verso gli Stati Uniti.

Un bordello d'antan, in un'illustrazione di Gustavo Dorè

Ad ogni modo, una volta giunto al cospetto della capo-bagascia, facevo la mia imbasciata, incontrando però il netto rifiuto dell'imprenditrice del sesso. Allora, per ragioni a me incomprensibili, insistevo perchè la pappona cambiasse idea, perorando la causa degli irlandesi come se il mio cognome fosse stato O' Reilly o Connelly. A quel punto la madame perdeva completamente le staffe e cominciava a minacciarmi di violenza fisica. Non so perchè, ma questo mi terrorizzava, sebbene si trattasse di una donna dalla corporatura anche abbastanza esile. Perciò cominciavo a fuggire, scendendo scalinate su scalinate, fino a trovarmi al piano terra. Qui, dopo essere passato per una sala che conteneva uno splendido tavolo da biliardo, perdevo il senso dell'orientamento, e cominciavo a girare a vuoto in questa magione sfarzosa e deserta, immersa nella penombra.

Un'imprenditrice del sesso, in un'illustrazione di Gustavo Dorè

Meno male che, nel mio pavido peregrinare, mi imbattevo in un servitore con tanto di livrea, al quale domandavo in che direzione si trovasse l'uscita. Quello me la indicava, e di colpo mi accorgevo che proprio da quella parte filtrava la luce del giorno. Svoltavo un angolo e vedevo la porta d'ingresso, ai piedi di due rampe di scale. La prima la percorrevo rapidamente; la seconda era completamente occupata da una cucina, di quelle che hanno nei ristoranti, completa di vaschette d'acciaio del tipo che usano nelle mense o nei self service. Prima dovevo schivare un nugolo di cuochi che portavano pietanze ai piani superiori, poi mi catapultavo per le scale, calpestando indifferentemente pietanze e fornelli accesi (riportandone ovvie ustioni), finchè non guadagnavo finalmente l'uscita.

Un cuoco nell'esercizio delle sue funzioni. Indovinate chi ha scattato la foto?

Ed eccomi in un vicolo, circondato da botteghe di pescatori e artigiani, il porto alla mia sinistra, appena visibile. Non ero solo, c'erano altre persone con me, ma non ricordo chi. Fatto sta che ci dirigiamo tutti verso il porto, ma all'altezza delle nostre teste sono tese una moltitudine di reti da pesca, che ci impedicono di procedere agevolmente. Mentre avanzo ingobbito, districandomi nervosamente dalle reti, la mia angoscia è di essere raggiunto dalla maitresse, e mazziato come promesso. Per fortuna riusciamo a trarci d'impaccio e uscire alla luce del sole, che nel vicolo arrivava molto attenuata. E lì mi sveglio.

Ragioniamo su questo sogno. Partiamo dal mio ruolo di messaggero. Perchè mai avrei dovuto fare da tramite fra la comunità degli irlandesi d'America e il management di un postribolo? Che ho da spartire io con gli irlandesi e le prostitute? Fra l'altro, i poveri figli di Ibernia che si imbarcavano per sfuggire alla fame potevano mai avere soldi da spendere in beni voluttuari? Cosa sta cercando di dirmi il mio inconscio? Si accettano suggerimenti. E ancora: perchè tutte quelle scale? Perchè un biliardo così bello non veniva sfruttato? Perchè non c'erano clienti al piano terra? E chi erano gli ignoti che cercavano di scappare con me verso il porto? Ma soprattutto: vi sembra quello il posto di una cucina??? E per forza che uno dopo la deve calpestare, per uscire dal palazzo!

Niente, non se ne viene a capo. Proviamo con la Smorfia. Il postribolo fa 35, il biliardo 31, la cucina 16. Se poi siamo ambiziosi e ci vogliamo giocare la cinquina, ci dobbiamo aggiungere la fuga che fa 80 e la scala che fa 27. Con un numero in più ci possiamo giocare una schedina del Superenalotto: mettiamo il servo, che fa 4. Se siete avvezzi al gioco, usate pure questi numeri. Io resto perplesso di me stesso e attendo delucidazioni dal mio inconscio.

martedì 15 febbraio 2011

Compagni?

Baffone, in una illustrazione di Gustavo Dorè. A furia di invocarlo, si è materializzato.

Nei giorni scorsi, su Facebook, ho avuto una mini-diatriba con un personaggio piuttosto noto della scena musicale partenopea, che non citerò perchè non merita ulteriore notorietà. Del resto, qualcuno di voi saprà già di chi si tratta, o lo scoprirà tramite la spettacolare efficienza del social network in questione nel far sapere a tutti i fatti di tutti. Premetto subito che il livello dello scambio di vedute è stato molto basso, tant'è che immediatamente il personaggio ricorreva a insulti; per dirla tutta, io ero intervenuto a diatriba in corso, dato che il primo bersaglio della sua ira funesta era stato un mio amico. Il tutto per via di una frase del musico riportata sulla bacheca di un terzo amico, che faceva da anello di congiunzione. Via via che i toni si esasperavano e che il linguaggio deteriorava, alla polemica si sono aggiunti altri partecipanti. L'atteggiamento del musicante, lungi dall'offendermi o dal provocarmi travasi di bile, mi ha riportato indietro alla mia gioventù, nei primi anni '90, quando Napoli era tanto, ma tanto diversa da oggi.

Raccontiamola, allora, la favola di quel tempo che fu. C'era una volta una città in fermento, soprattutto per quanto concerne la componente studentesca. La "Pantera" aveva avvicinato o riavvicinato molti giovani e giovanissimi alla politica, e le esperienze di occupazione e autogestione di scuole e università aveva fatto rinascere, dopo il letargo degli anni '80, un certo tipo di socialità. In questo clima nacquero le esperienze di Officina 99 e del Tienamment', due centri sociali che, quasi da subito, presero direzioni diverse. Le differenze erano molteplici: il primo si trovava nella periferia orientale della città, il secondo in quella occidentale; il primo era occupato, il secondo semplicemente autogestito; ma, soprattutto, il primo era di ispirazione chiaramente e indubitabilmente marxista, mentre il secondo era animato da principi meglio defiinibili come "libertari". All'epoca, quando si era più giovani e le parole si usavano come accette, si diceva semplicemente che Officina era dei comunisti, il Tienamment degli anarchici.

Per diverse ragioni, che vanno dai gusti musicali alle propensioni ideologiche, passando per l'ubicazione, io mi trovai a frequentare prevalentemente il Tienamment. Anzi, per dirla tutta, a Officina ci sarò stato un paio di volte, senza peraltro pentirmi di non esserci stato più spesso. Perchè le differenze ideologiche fra i gruppi che animavano l'uno e l'altro spazio si traducevano in pratiche di gestione profondamente diverse.

Il Tienamment' ha portato avanti per anni progetti di autoproduzione e ha dato spazio a realtà musicali locali che altrimenti, in un'epoca in cui molti generi erano ancora "segregati", non avrebbero avuto un posto in cui esibirsi. Von Masoch, 77 Spreads, Lavori in corso...a molti di voi, che anagraficamente invidio, questi nomi non diranno niente, perchè sono nati e rimasti in un circuito di centri sociali e audiocassette doppiate con le copertine fotocopiate in bianco e nero. Tutt'altra storia rispetto ai 99 Posse, per fare il nome più ovvio e scontato, lanciati da Officina e subito presi dalla Flying Records, per poi lanciarsi in un una cavalcata trionfale che li avrebbe portati alla notorietà a livello nazionale, passando per una serie di tappe che ne avrebbero messo in discussione la coerenza. Lo comprai, il primo vinile dei 99 Posse. C'erano su due pezzi, "Rafaniello" e "Salario garantito". Il primo parlava di quelli che sono rossi fuori e bianchi dentro, come il ravanello. Naturalmente, il giudice di quando eri rosso dentro era il compagno miliziano di turno che, quando c'era qualche concerto a Lettere occupata, ti estorceva la "sottoscrizione obbligatoria" di 5000 lire...E quanti soldi che ho dato a questa gente di cacca...

Vi stupisce che a Napoli esista fin dagli anni '70 una contiguità fra criminalità organizzata e una parte della sinistra antagonista? A me no. Perchè dietro c'è la stessa logica: quella del clan. Il disoccupato organizzato che si siede per terra all'incrocio del Museo Nazionale, il luogo più trafficato di Napoli in assoluto, e minaccia di bloccare la circolazione fin quando non gli daranno un lavoro, o addirittura di darsi fuoco, segue la stessa logica: non si batte per il diritto al lavoro, ma per estorcere un impiego agli amministratori locali, per sè e per i suoi amici. Del resto la "posse" era, nel selvaggio West, un gruppo di cittadini che, ricevuto mandato dallo sceriffo, amministravano la legge in modo sommario, spesso impiccando gli indiziati di reati all'albero più vicino, senza porsi il problema di allestire un processo degno di tale nome.

Una dottrina politica nasce dallo studio di alcuni uomini e donne, passa per la condivisione delle loro idee, e si incarna nella prassi di chi la interpreta, consapevolmente o meno. Naturalmente, a diversi retroterra corrisponderanno diverse letture, tanto a livello individuale che geografico. Il marxismo di Trotskij o di Gramsci, ad esempio, non è lo stesso del compagno miliziano estorsore di cui sopra. In un paese feudale, fazioso, mafioso, non è affatto sorprendente che un'idea nata per migliorare l'essere umano assuma caratteri in contrasto con la sua stessa essenza più profonda, quando finisce in mano a persone poco attrezzate a recepirla veramente. 'A pazziella mmano 'o criaturo, si dice in napoletano: il giocattolo in mano al bambino. E allora quando la posse si impadronisce dell'Università, occupandola, non si comporta molto diversamente da un qualsiasi signorotto rinascimentale che conquistava una qualsiasi rocca. E mi costringe a pagare per entrare in un luogo pubblico.

Un signorotto rinascimentale, in una illustrazione di Gustavo Dorè.
Secondo il Machiavelli, era dedito alla pratica della sottoscrizione obbligatoria.


Se parli a queste persone del PCI cominciano a latrare, si fanno venire la bava alla bocca. Eppure, sebbene mai organizzati in una struttura partitica, hanno seguito le stesse logiche, almeno in parte. Leninisti fino al midollo in questo, i loro leader storici hanno usato il consenso raccolto per consolidarlo in un potere che però non è servito a combattere battaglie politiche serie, per migliorare le condizioni di vita di quel proletariato a loro tanto caro; ma piuttosto per dare loro lustro e carisma, e per creare vere e proprie lobby, come del resto quelle che hanno fatto prosperare Officina e i suoi rampolli, mentre al Tienamment' eravamo impegnati a schivare le molotov che ci tiravano i proletari del quartiere, i cui omologhi di Gianturco erano invece stranamente tolleranti e mansueti.

Di che pasta siano fatti i cattivi maestri lo sappiamo bene. I professionisti dell'armiamoci e partite; quei signori colti e distinti, tutti di estrazione rigorosamente borghese fra l'altro, che nascondevano dietro un linguaggio quasi esoterico e un ricorso smodato all'ipotassi idee violente e irresponsabili. Si sa, alla fine della battaglia per terra restano i soldati semplici, al massimo i caporali, non certo i generali. E così oggi Toni Negri è a fare i cazzi suoi a Parigi, mentre tanti dei ragazzi che a suo tempo gli andarono dietro si sono fatti la galera, qualcuno si è rovinato la vita, e qualcuno addirittura è morto. E tutto questo, vale la pena dirlo, per non ottenere assolutamente niente, se non fare il gioco degli architetti della strategia della tensione. Se prima la DC e poi Berlusconi sono riusciti a ottenere consensi plebiscitari grazie all'anticomunismo è soprattutto merito di certi metodi di lotta. Il musico di cui sopra era troppo giovane allora per guidare, e dunque seguiva; e rivendica con fierezza di aver messo il passamontagna. Ma oggi, dopo tanti anni, tante sconfitte, e tanti mojitos, ritiene evidentemente che sia giunto il suo turno di salire in cattedra. Silenzio, bambini, e a chi non si comporta bene 7 in condotta!

Spero per il senescente musico che riesca a trovare nei suoi adepti, certamente numerosi, quel senso di appagamento del proprio bisogno di narcisismo che evidentemente brama. Non se ne abbia a male se quello straordinario strumento di conoscenza e comunicazione che è Internet ha fatto nascere un modo diverso di esprimere e condividere il dissenso, più critico, più complesso, più democratico di quello che è familiare a lui. Ma che dico? Parlo di democrazia? Dovrebbe essere evidente, a questo punto, che si tratta di un concetto del tutto alieno a gente della sua risma. Io chiedo scusa a chi dovesse reputarsi offeso da questo post, perchè non era mia intenzione; e torno alla mia vita di borghese proletarizzato. Chissà se in Rete trovo qualcosa dei 77 Spreads...

La copertina di un demotape dei 77 Spreads: fotocopia su carta di Gustavo Dorè.


lunedì 14 febbraio 2011

L'amore ai tempi del Rubygate

San Valentino, festa degli innamorati. Essendomi consacrato alla solitudine con un fervore e una tenacia che farebbero impallidire un martire paleocristiano, sono esente dall'obbligo di regalare oggetti insulsi e melensi, o prenotare cenette pseudo-romantiche in locali più affollati del carcere di Poggioreale. Userò dunque il mio tempo e la mia libertà per compiere un'analisi, come sempre estemporanea, superficiale e di dubbia lucidità, dello stato dell'arte del rapporto uomo-donna.

Ieri circa un milione di donne è sceso in piazza - diecimila secondo le questure, poche radical chic secondo il ministro della Pubblica Distruzione - per rivendicare la propria distanza da un certo modello di femminilità e di successo femminile, emerso prepotentemente dai fertili fanghi del berlusconismo. Manifestazioni importanti, per il messaggio che inviavano a certa parte del paese, e perchè hanno contribuito a fare breccia nella muraglia che ancora divide la nostra terra dalla modernità. Certo, Berlusconi non è la fonte di tutti i mali, ma solo una volta eliminato il Cesare di turno è possibile adoperarsi per la scomparsa del cesarismo dalla nostra cultura civile e politica. Dunque, una mobilitazione positiva. Qualcosa però è emerso nei commenti su Facebook di tante persone, in particolare donne, che vi avevano partecipato: un pessimismo sottinteso, un senso di delusione, di smarrimento. La percezione, istintiva o consapevole e argomentata, di un'incongruenza. Una domanda, per andare al grano: chi sono queste cinquantenni? E dove sono le loro figlie?

Molti hanno storto il naso di fronte all'eterogeneità dei cortei di ieri. "Avete manifestato insieme ai fasci", accusava qualcuno, forse in preda alla nostalgia di tempi in cui era più giovane e piaceva di più alle compagne. Ma non era solo la contiguità fisica di destra e sinistra a destare perplessità. Era il fatto che, almeno a giudicare dai commenti letti, in piazza c'erano tante ragazze mature, tante trentenni, ma poche fanciulle in fiore. Insomma, detto papale papale: dov'erano le coetanee di Ruby, di Noemi Letizia, di Sara Tommasi? Quelle in fondo più toccate dallo schifo indicibile del sistema messo in piedi da Mora, Fede, Minetti e chissà quanti altri collaboratori più o meno anonimi, per riempire l'harem del sultano. Sono puritano? E va bene. Sulle parole basta mettersi d'accordo. Se disapprovare la subordinazione della sfera sessuale all'ottenimento di un vantaggio economico o politico vuol dire essere puritano, allora io sono il fottuto Oliver Cromwell. E vorrei specificare che qui non si parla di pura e semplice prostituzione, contro la quale non ho nulla, purchè chi la esercita non vi sia costretta; si parla di un rapporto di interdipendenza, un filo doppio che lega una specie di loggia masso-erotica, costituita da alcuni degli uomini più potenti d'Italia, a una manciata di prostitute e papponi, e probabilmente, a giudicare da quello che si trova sulle loro auto, anche a qualche narcotrafficante di un certo calibro. Insomma, dopo la P-2 e la P-3, la P-sello...

Come ci siamo arrivati? Se non vi viene in mente niente, vuol dire che non accendete la TV da almeno una ventina d'anni. Questa è la considerazione più ovvia. Ma forse il problema parte più da lontano. C'è un verso, in una canzone di Franco Battiato, che non mi stancherò mai di citare: "Le barricate in piazza le fai per conto della borghesia". La borghesia, che crea falsi miti di progresso. Magari a partire da un'idea giusta, da un'istanza legittima e nobile. Magari trentacinque o quaranta anni anni fa quelle ragazze mature che ieri erano in piazza facevano altrettanto, spaventando i "maschietti repressi" con slogan su un presunto ritorno delle streghe. Oggi quei maschietti, che in tutti questi anni non hanno evidentemente modificato di una virgola il loro concetto della donna, si divertono con il bunga-bunga, o sognano di praticarlo. Le figlie delle streghe, invece, hanno un bivio davanti a sé: essere puttane o essere, probabilmente, perdenti. Certo, mi direte, esistono tante donne che hanno successo nel mondo accademico, nelle professioni, nella magistratura e così via. E' senz'altro vero. Ma ne esistono necessariamente molte di più che finiscono nei call center, nel lavoro a cottimo, nel precariato di ogni genere.

Ricordo una partecipazione di Maddalena Corvaglia, ex velina di Striscia la notizia, a Otto e mezzo, sulla 7. La ragazza, che non mi parve stupida, incalzata dall'intervistatrice (la Gruber), difese brillantemente la sua scelta di usare la propria bellezza per avere successo nel mondo dello spettacolo. Fare la velina, disse, le aveva dato cose che altrimenti non avrebbe potuto avere. Fu molto interessante, quella trasmissione, anche per il discorso sulla sessualità che ne venne fuori. La critica fatta dalla professoressa universitaria in collegamento da Parigi (l'immancabile, edificante esempio di donna che ha successo grazie al cervello) al sostanziale fallimento della rivoluzione sessuale ha particolare rilevanza rispetto all'argomento di questo post. Altro che emancipazione: l'evoluzione del costume ha portato a un modo triste, ansiogeno, impersonale di vivere la sessualità.

Molti di voi ometti che mi leggete vi sarete trovati, o conoscerete qualcuno che si è trovato, in contesti nei quali vestirsi in un certo modo, parlare in un certo modo e andare in giro con un Sartre sotto il braccio aumentava in modo esponenziale le possibilità di accoppiarsi. Ricordo l'istituzione nella mia scuola di una "aula sesso" durante l'occupazione del '90: credo che neanche Gesù Cristo abbia assistito a un numero simile di conversioni in così poco tempo. C'è un innegabile nesso fra la cultura della sinistra, dagli anni '60 in poi, e un certo modo di gestire la sfera sessuale. Le barricate fatte per conto della borghesia.

Le barricate fatte per conto della borghesia, in una illustrazione di Gustavo Doré

A sedici o a vent'anni, effettivamente, è facile avere l'impressione che il Sol dell'Avvenire sorga dietro la paradisiaca sagoma del Monte di Venere. Ma se non si capisce che la libertà è questione di scelte, e scegliere vuol dire soprattutto dire di no, ci si fa buggerare, come in qualsiasi bunga bunga. E allora la sessualità, strumento di liberazione delle donne quando queste se ne appropriano in modo intelligente e critico, si trasforma in strumento di repressione; repressione di ogni tentativo di ridefinire i concetti di donna e femminilità, e di immaginare nuovi schemi, nuove modalità nel rapporto uomo-donna, che non riproducano le logiche di sfruttamento di un modello di società creato esclusivamente da uomini (e anche per questo fallimentare). Perchè l'amore è compenetrazione, non simbiosi. Arricchimento reciproco, non scambio di merce contro potere d'acquisto. Quando il povero Michele Apicella fa un discorso di questo tenore, di fronte a una platea televisiva profetica nella sua parossistica idiozia e ineffabile barbarie, il risultato annunciato da un giovane Mughini è, non soprendentemente, "applausi zero". La sessualità, intesa come incontro di due individui che ricercano il piacere insieme, è finita. L'hanno messa sul mercato, e il mercato le ha imposto le sue regole. L'amore è morto, ucciso a randellate dalle virilità Viagra-dipendenti dei maschietti dominanti, non più repressi, ma tronfi delle loro conquiste come un cacciatore che torna da un safari in Kenya carico di prede. Cupido viene impietosamente sodomizzato da Priapo, e il potente se ne bea. Intanto le cinquantenni si indignano, le trentenni hanno paura di rimanere sole, e le ventenni studiano da concubine. E allora mangiamoci i cioccolatini, perchè forse è tutto quello che ci resta...