domenica 16 ottobre 2011

Il cane, la catena e il morso

Immaginate un cane perennemente legato a una pesante catena di metallo; immaginate un padrone che lo maltratti sistematicamente, picchiandolo, affamandolo, gridandogli contro, lasciandolo fuori al freddo, alla pioggia, negandogli ogni conforto. Immaginate che però questo cane si sia per qualche ragione convinto che sia normale tutto questo. In quanto cane, questo è il suo destino. Accetta la sua dura sorte con pacifica rassegnazione, e prova perfino gratitudine quando il padrone gli tira un osso da spolpare, di tanto in tanto.

Poi, a un certo punto, e per ragioni che il cane non riesce a comprendere, la situazione peggiora. Il padrone non gli tira più neanche più quello sporadico osso da spolpare, ma se lo tiene per sè. Non lo porta più a spasso, a fare i suoi bisogni, è tutto preso dai suoi problemi, dei quali il cane può solo cercare di indovinare la natura. Un giorno il padrone esce in giardino e sottrae al cane la sua ciotola, con quello poco di cibo che c'è dentro. Il cane ormai ne ha abbastanza, e lo morde. Non è un morso di quelli che ti staccano le dita, è solo una reazione di rabbia, un leggero stringersi delle fauci che il padrone sente appena.

Immaginate che, il giorno dopo, il vicinato non parli che di quel morso, e della ferocia del cane che se ne è reso responsabile. Ma dov'erano i vicini fino a quel momento? Non sanno di tutte le angherie che il cane è stato costretto a subire dal padrone? Per quale motivo vedono la ferocia del cane, occasionale e senza serie conseguenze, e non la fredda, calcolata, odiosa violenza del padrone che lo ha ridotto pelle e ossa, e ne minacciava la stessa sopravvivenza? Semplice: perchè sono esseri umani, padroni di cani, e quindi portati a solidarizzare con un loro simile, piuttosto che con il cane.

Ieri a Roma si sono verificati alcuni episodi di violenza. Roba da poco, checchè ne dicano i media, rispetto alla inusitata, disumana violenza di un capitalismo che per sopravvivere non esita a mettere mano alla ciotola del cane. Se oggi leggiamo tante condanne di quella violenza (che, ben inteso, è pur sempre esecrabile), è forse perchè i nostri mezzi di comunicazione sono come il vicinato di cui sopra: sono la voce dei padroni, non dei cani.

Cerchiamo di non farci infinocchiare. La violenza di piazza è un errore perchè non produce risultati politici e perchè non può essere indirizzata verso i suoi veri obiettivi. Perchè non fa veramente male. Non perchè non sarebbe giustificato ricorrervi, contro un ordine sociale ed economico che è diventato chiaramente indifendibile. Ma rendiamoci conto che chi, dopo una mobilitazione come quella di ieri, parla del morso del cane, sta parlando nell'interesse del padrone. 


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