mercoledì 6 febbraio 2013

La dittatura dell'opinione


"Io la penso così". Quante volte vi siete sentiti liquidare con questa frase, mentre difendevate una vostra idea con passione e sagacia dialettica? Il vostro interlocutore, convintissimo della propria posizione prima di iniziare il confronto, teme a un certo punto di essere scalzato da quella, e di perdere dunque l'opinione di cui è proprietario. Sì, perchè voi siete di un'idea, lui ha un'opinione. Abbiamo già parlato, in un precedente post, di questa differenza. L'opinione, nel tipo di società in cui viviamo, è un bene di consumo, esattamente come il pane, il latte o la farina. Ce la vendono attraverso i quotidiani, i telegiornali, i programmi di cosiddetto approfondimento. Ciascuno di noi può fare una valutazione dell'opinione che più gli aggrada (che il più delle volte coincide con quella che più gli conviene) e appropriarsene. E per giunta a buon mercato. 

Ora, come funziona una democrazia parlamentare? Che cosa la rende preferibile alla più crudele e sanguinaria delle dittature? Vi immagino spalancare la bocca leggendo queste righe, e chiedervi "ma questo che vuole adesso?" Certo, il Corriere e la Repubblica non parlano di queste cose, o comunque non in questi termini. Vi rifaccio la domanda: che cosa rende preferibile lo stato di cose attuale a quella meravigliosa storia d'amore fra l'italiano medio e il potere chiamato fascismo? E non fate così, sempre a scandalizzarvi. Smettetela di fare i ricchioni post-comunisti, posate la tisana al gelsomino turco e aprite una bella Peroni familiare. Adesso accendete l'interruttore del buonsenso, e provate a seguirmi, se ne avete voglia. E sì, ve la concedo l'ultima chiarificazione che sarebbe inutile, se non foste ridotti come siete ridotti. Ricchione non è l'uomo che va con gli uomini; quello si chiama omosessuale. Ricchioni siete voi, che vi bevete la tisana allo zenzero persiano e vi sentite la musica sfasulata, non vi brucia mai il culo e non sognate mai la dittatura di Mario Merola. 



Orbene, adesso vi dico perchè io ritengo che la democrazia parlamentare, loffia com'è rispetto alla dittatura di Mario Merola, sia comunque preferibile al fascismo: perchè c'è libertà di espressione. Ma con questa libertà di espressione ci possiamo fare della virile birra, e altro che non specifico per non turbare la vostra sensibilità, temprata da gente del calibro di Jovanotti e Fabio Fazio, se non la accompagnamo all'onestà intellettuale. Libertà è partecipazione, cantava Gaber prima di impazzire e morire nel peccato. Ma partecipare non può voler dire fare uno squallido gioco delle parti in cui io dico A, tu dici B, e finisce lì. C'è la tesi, c'è l'antitesi...ebbene, ci deve essere la sintesi. Laddove questa dialettica (hegeliana prima ancora che pedofaga) non si sviluppa in maniera autentica sul piano discorsuale, ci sono due alternative:

1) l'acqua non corre, fa pantano e feta;
2) la dialettica si esplica, merolianamente, in una dimensione apertamente e distruttivamente conflittuale.

Se teniamo conto del fatto che, nelle parole di Jimmy Fontana, il mondo non si è fermato mai un momento, ci risulterà chiaro che l'opzione numero 1 non può essere che una battuta d'arresto, temporanea e deprecabile, nella marcia inarrestabile dell'Umanità verso la verità definitiva, ovvero la realizzazione della propria natura tanto nella dimensione individuale che in quella sociale, non più in conflitto ma finalmente riconciliate e complementari. 

Voi non siete convinti di tutto ciò, lo so. Voi credete nella permanenza, nell'ineluttabile perpetuarsi all'infinito dell'opzione pantano. Credete che pluralismo significhi non già, com'è sacrosanto, il rispetto per tutte le idee e tutti i punti di vista, fino a che non venga stabilità la loro validità o meno; voi credete nel relativismo più assoluto. Credete sia legittimo sostenere una opinione (e ogni volta che scrivo questa parola mi viene qualche fastidioso prurito) a prescindere dall'eventuale sua confutazione. Vi piace il pensiero come prodotto di consumo. E non vi rendete conto che, agendo così, non siete affatto democratici. Mentre voi bevete il vostro infuso di papaya della Groenlandia, il grande capitale assoggetta, invade, colonizza, distrugge, spreca risorse, tortura, e alla fine della giornata gli rimane anche il tempo di produrre l'informazione alla quale vi abbeverate. Oggi potremmo (provare a) fermarlo semplicemente cambiando idea, e di conseguenza modificando il nostro agire quotidiano per renderlo conforme alle nostre convinzioni; domani si rschia che non basti neanche Mario Merola a ridarci il diritto al dissenso. In tal caso, spero per voi che il corporate fascism del terzo millennio non abbia pregiudiziali contro l'infuso di rabarbaro del Madagascar.
 

2 commenti:

  1. Come commenta il nostro Igor Papaleo: C'è più di qualcuno che è sempre dell'opinione dell'ultimo libro che ha letto, sempre ammesso che ne abbia letto più d'uno. Detto questo, "Il mondo non viene spiegato già con lo spiegarlo? No. La maggior parte delle spiegazioni sono giustificazioni. Dominio popolare significa dominio degli argomenti. Il pensiero sorge dopo delle difficoltà e precede l'azione." (Bertolt Brecht)

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  2. Caro Ciro, solo adesso leggo il tuo bell'intervento. Dopo anni di uso di questa piattaforma, ancora non sono riuscito a capire se esiste un modo per attivare le notifiche dei commenti ai post...
    Come sempre, hai colto nel segno. Il pensiero seduto in poltrona, per così dire, è pura giustificazione. Non serve a preparare l'azione, ma a perpetuare l'inerzia. Mi hai ispirato un altro post :-)

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